Intervista a Giovanni Gazzanni, autore del romanzo “Una mattina qualunque”.

Intervista a Giovanni Gazzanni, autore del romanzo “Una mattina qualunque”.

Giovanni Gazzanni è nato ad Isernia nel 1986. Attore teatrale e organizzatore di eventi culturali, insieme a Salvatore Mincione ha fondato il Teatro “Il Proscenio” e dirige la Compagnia CAST. Tiene corsi di teatroterapia, ha lavorato per diversi anni con i detenuti e gestisce una scuola di teatro. “Una mattina qualunque” è il suo primo romanzo.
«Ci presenti la tua opera d'esordio “Una mattina qualunque”?»
Nel mio primo romanzo provo a raccontare la mattina di due uomini che condividono l'appartamento: Michele, il più giovane, si prende cura del vecchio Antonio, sempre alle prese con catastrofici vuoti di memoria. Sembrano in costante attesa di qualcosa ma man mano che la storia va avanti ci si rende conto di come la realtà delle prime pagine non sia poi la vera quotidianità che stanno vivendo. Antonio aspetta il rientro di Margherita, sua moglie. Michele si concentra sulle esigenze del vecchio per tenere lontani il ricordo di Carolina, la sua ex, e i sensi di colpa per averla abbandonata in un momento difficile. La verità è che ho sempre difficoltà nel parlare della trama e corro sempre il rischio di spoilerare malamente tutto, quello che ci tengo sempre a dire che  “Una mattina qualunque” significa tantissimo per me. Non solo perché è il mio primo, vero romanzo. Ma per i tanti messaggi, i consigli e le esperienze che mi vengono riportate da chi ha avuto modo di leggere questo libro. Tutto questo mi riempie di orgoglio e gioia.
«A chi o a cosa ti sei ispirato per scrivere la tua emozionante e delicata storia? C'è una componente autobiografica o è una vicenda completamente romanzata?»
C'è sicuramente una componente autobiografica. Il personaggio di Antonio, l'anziano affetto da Alzheimer, infatti è ispirato a mio nonno, alle sue mille manie e infinite teorie su tutto. A lui è dedicato il romanzo. Inoltre il punto di partenza di tutta l'idea della storia, è una mia grande paura, quella di dimenticare i momenti belli passati con qualcuno in un determinato periodo. Per questo quando mio nonno è venuto a mancare non ho potuto fare a meno di annotare momenti, frasi che mi avrebbero poi ricordato lui. Il resto è poi narrazione, mie varie osservazioni di tutto quello che mi circonda e che mi sono divertito a riportare su carta.
«Vuoi descriverci gli intensi protagonisti del tuo romanzo, Michele e Antonio, soffermandoti sul tenero e anche burrascoso legame che li unisce?»
Volevo scrivere di due uomini che, all'inizio della storia, sembrano tanto diversi tra loro, forse si sforzano persino di esserlo, ma più il lettore va avanti e più ci si addentra nella vicenda e ci si rende conto che in realtà sono più simili di quello che sembra. Persino di quello che loro possono arrivare a pensare. Sono due uomini che fuggono e si rifugiano da qualcosa, naturalmente due motivi estremamente diversi, con il risultato di arrivare ad essere sempre più vicini quando sono disposti a confidarsi e confrontarsi nelle loro debolezze. Il mio intento era porre l'attenzione su chi è affetto da una malattia ma anche su chi si prende cura ed è vicino ad un malato, cercando di vagliare tutta la gamma di emozioni possibili. Ho provato a dare un taglio ironico e dove possibile comico al rapporto tra i due, naturalmente visto il tema trattato, ci sono anche momenti più profondi e riflessivi.
«Nell'opera si fa riferimento al morbo di Alzheimer, di cui sembra soffrire l'ottantacinquenne Antonio. Con la tua storia hai voluto sensibilizzare il lettore sulle malattie neurodegenerative, che isolano le persone facendole sentire abbandonate, e sul carico che comporta vivere accanto a chi ne è colpito. Nel romanzo poni l'attenzione sull'importanza dell'ascolto e dell'accettazione, perché tutti, giovani e anziani, hanno bisogno di cure e d'amore. Quali altri messaggi hai voluto veicolare attraverso la tua storia?»
Mentre scrivevo non pensavo a particolari messaggi da trasmettere. Avevo una storia che volevo raccontare, dei personaggi che vedevo muoversi nella mia immaginazione e un po' di ordine che volevo fare nella mia testa, cercando di riuscire a trasformare idee e pensieri in parole. Fondamentalmente credo che siano le storie a trasmettere qualcosa, delle volte al di là del volere di chi scrive, ma semplicemente perchè chi legge in un determinato momento della propria vita ha il bisogno di imbattersi in una frase, in un personaggio o in una storia. O almeno quando inizio a leggere un libro, questo è sempre quello che mi auguro.
«Quali sono tre buoni motivi per cui è importante leggere il tuo romanzo?»
Questa è una domanda difficile! A cui non avevo mai pensato e probabilmente non so bene rispondere.
Il primo motivo potrebbe essere perchè è un romanzo breve, se piace lascia la bocca buona e se non dovesse piacere, finisce subito e l'agonia sarà breve. Scherzi a parte, credo possa essere una storia comune a molti: ognuno nella vita si è trovato a fare i conti con la malattia di una persona vicina. Mi auguro che attraverso i personaggi di “Una mattina qualunque” qualcuno possa ritrovarsi e ritrovare il ricordo di una persona cara. Questa sarebbe davvero una grande soddisfazione per me. E come sempre chiedo a tutti i lettori di farmi sapere, di riportarmi la loro impressione, i loro consigli. E con questo messaggio, riesco a svicolare dal resto della risposta, dimostrando di non saper rispondere ai tre buoni motivi!
«Cosa significa per te scrivere e raccontare storie? Come integri questa tua passione nella teatroterapia, di cui ti occupi?»
Per me è fondamentale scrivere. Annotare frasi, spunti e storie, lo faccio di continuo. È un ottimo modo per provare a mettere ordine fra i miei pensieri. Delle volte diventa il modo giusto per fare chiarezza, anche perchè rispetto a tutto quello che faccio nelle mie giornate è l'unico svago che mi concedo davvero “in solitaria”. Oltre ad essere un'attività che mi permette di divertirmi: quando riesco a scrivere una frase o una storia che mi piace, è veramente tanta la soddisfazione. Diciamo che forse al momento fare laboratori di teatroterapia, sopratutto con disabili, mi ha aiutato ad osservare la realtà e le persone con un occhio più attento, non fermandomi in superficie ma scavando in profondità. Negli altri e in me stesso. Credo che tutto questo si ripercuota anche nella mio modo di scrivere, o almeno lo spero.
«Sei al lavoro su un nuovo progetto letterario? Puoi darci qualche anticipazione?»
Ho diverse idee per la testa. Ho iniziato a scrivere qualcosa di nuovo e a mettere ordine tra vecchi appunti. Ho iniziato questo nuovo viaggio e non so al momento dove mi porterà, mi lascerò guidare anche questa volta. La strada è ancora lunga e per scaramanzia non posso aggiungere altro, correrei sempre il rischio di spoilerare tutto...
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