I Blastema più vivi che mai: nel nuovo disco la nostra nuova esistenza

I Blastema più vivi che mai: nel nuovo disco la nostra nuova esistenza

I Blastema nascono a Forlì nel 1997, fanno un rock di quelli che ti scuote dentro e fuori, con una carica live come non ne nascono spesso e testi e musiche che raccontano disagio ma danno speranza. Al loro attivo hanno due dischi, un Sanremo, un Primo Maggio, un Mondo Inchnusa e l'essere stati l'open act di Skunk Anansie e Beady Eye. A ottobre è uscito “I Morti”, il singolo apripista del loro terzo album in studio, che vedrà la luce nella prossima primavera, e ora sono in tour in tutta Italia.
Abbiamo incontrato Matteo Casadei (voce), Alberto Nanni (chitarra, cori), Michele Gavelli (pianoforte, synth), Luca Marchi (basso, chitarra) e Maicol Morgotti (batteria) prima del live al Salento Sun Park di Mesagne, e ci siamo fatti raccontare chi sono i Blastema, tra la scelta di rispettare se stessi e il loro modo di vivere la musica e le esperienze che li hanno fatti crescere ma restare sempre un po' bambini.


NG. Iniziamo dalla fine: “I Morti” come metafora delle prospettive di questo tempo oppure ha un'altra motivazione? 
Matteo: è una metafora delle prospettive di questo gruppo! (ride).
“I Morti” aveva la duplice funzione, da una parte, di creare disagio alle radio che dovevano trasmettere il pezzo, e il motivo del disagio doveva essere un unico pensiero: “perché i morti?”. Invece poi il pezzo si dimostra essere l'opposto, è un pezzo “ruffiano”, per cui abbiamo avuto molte conferme di come i programmatori radiofonici aprivano il file quasi non volendolo fare ma rimanevano stupiti nell'ascolto di un pezzo che era altro da quello che si aspettavano con quel nome. Noi abbiamo fortemente voluto creare la domanda “perché i morti?”, da cui la gente poi si sarebbe chiesta “perché siamo morti?”. E ovviamente i morti del pezzo non sono defunti, ma sono tutti quelli che hanno smesso di pensare, hanno smesso di stupirsi, di ricercare la propria esistenza e associarla all'avventura, che è quello che invece è tipico dei bambini. I bambini non hanno un filtro che delimiti il giusto o lo sbagliato, loro vivono e sentono. Noi abbiamo smesso di farlo e questa società che paradossalmente e analogicamente è una società invecchiata, non più infantile come ad esempio poteva avvenire 50'anni fa dove tutto si stava creando e si era giovani a livello di socialità aperta alle novità. Attualmente è vecchia, è morta. Il discorso è: e dopo i morti cosa c'è? La fine. Perché se non si finisce qualcosa, ci ritroviamo in un eterno procrastinare l'agonia, rimanendo attaccati a una spina che ci tiene in vita. Chi ha il coraggio di staccarla?

 
NG. Sempre parlando del vostro nuovo singolo: si preannuncia un virare più spinto all'elettronica?
Alberto: stiamo virando a un certo tipo di elettronica, già presente con qualche spunto nello scorso disco. In questo album vogliamo dare uno spazio rilevante a un certo tipo di elettronica, con Trent Reznor e i Nin Inch Neils come riferimento principale con quel tipo di approccio tra il suonato e il non suonato. Ci sta piacendo e ha dato una direzione al disco, quindi proseguiamo su quella strada.
 
NG.  E questa scelta si è vista anche dalla cover del singolo, che si rifà alla grafica di un videogioco anni '90. 
Alberto: quello è un riferimento specifico allo stile del pezzo, che si districa su due temi di synth con sonorità a onda quadra e a 8 bit, per cui ci è piaciuta l'idea di sviluppare un logo che lo richiamasse.
Matteo: passando sul piano della scrittura, i morti di cui si parla sono persone che hanno ricreato nuove vite per superarne alcune. A volte capita dopo una rottura sentimentale che ci si accomodi su un divano e si accenda un televisore. O, peggio, ci si metta davanti a un computer e ci si reinventi una nuova identità che non ha nulla, però, di reale, è privo di rapporto empatico. Io in questo momento ti sento, ti vedo, ti ascolto e ti parlo, e vedo una tua reazione. Attraverso il pc hai solo un filtro: c'è l'“io mi reinvento”. Cosa c'è di vero?

NG.  E' una maschera.
Matteo: come il nostro teschietto, non è un teschio vero.

 
Il videoclip de “I Morti”:



 
NG. E a proposito del nuovo disco, visto che per ora abbiamo visto solo una “cartolina di presentazione”, che cosa ci dobbiamo aspettare in primavera?
Marco: sicuramente sonorità nuove, come anticipato da Alberto prima. Qualsiasi gruppo ama nel proprio percorso ristudiare sonorità nuove nate anche da ascolti diversi che influiscono sulla vena creativa del periodo. Per il resto dovete dirci voi cosa vi aspettate.

NG.  Dobbiamo solo aspettare di ascoltare!
Matteo:
 E stasera (il 22 novembre, ndr) si avrà già un assaggio di quello che ci sarà nel prossimo disco. La direzione non è ne nuova né antica. Il regno dei cieli è un tesoro in cui un uomo inserisce cose nuove e cose antiche. Semplicemente il progresso è crescita. Non ci si sveglia improvvisamente da un giorno all'altro come adulto, individuo completamente diverso da quello che si era fino al giorno prima quando era bambino. Si è ancora quel bambino ma si è esattamente diversi da quel bambino. Questa è la crescita. Bisogna aspettarsi un gruppo più adulto, che ha fatto delle scelte ben precise da inserire nel terzo disco. Siamo un gruppo “parco”, non ci piace avere una produttività dettata dalla pressione imposta dal mercato. Ci sono pezzi che sviluppiamo ma che se non ci convincono buttiamo via, non li teniamo per un'eventuale riedizione di scarti che servono solo a rispettare delle scadenze. Questa cosa non va fatta perché vuol dire che stai per riciclarti e hai bisogno di entrare in un meccanismo che è il mercato. Tutto quello che abbiamo è nato ex novo e tutto quello che accade in realtà non lo sappiamo neanche noi. Semplicemente questo disco sarà l'attestazione di una nuova esistenza: in questo momento noi siamo così.

NG. Quindi visto che il disco esce in primavera, i pezzi ci sono già, esistono?
Matteo: i pezzi ci sono già, ma quello che raramente si fa in Italia, o si fa in modo parziale, ed è una cosa che ci ha molto amareggiato, è la fase successiva alla scrittura, ossia la produzione dei pezzi. L'unico gruppo che io ricordo che fa questo tipo di lavoro sono i Verdena, che possono stare anche tre anni senza produrre un disco. Ma chiediti perché gli altri non lo fanno. Perché gli altri ci devono vivere e mangiare, quindi vuol dire che sei sempre in tour, fai 150 date l'anno e questo ti porta via il tempo per fare un disco come si deve. Si raffazzonano brani per continuare a suonare. Bisogna chiedersi: questa è arte? È espressione? O è di nuovo quel costringimento di una macchina che ti porta a entrare in un meccanismo dal quale non puoi uscire? Purtroppo non siamo più negli anni 60 in cui tutto era ancora vergine e la gente comprava i dischi. Bastava fare qualcosa di bello ogni due o tre anni e si riusciva a vivere. Continuavi a fare qualcosa di bello, con un ambiente che aveva meno restrizioni e potevi far passare alla radio i pezzi di De Andrè. Da quant'è che non si parla più di morte? Da Masini? Adesso passiamo Enrique Iglesias, che ti dice “bailando, bailando” e la gente è contenta. La morte è culturale, ma noi siamo qui, siamo vivi, attestiamo che siamo vivi e chi se ne frega. Ognuno si racconta le frottole che vuole. Ma questo è quanto.

 
NG.  A proposito di De Andrè, visto che ce l'hai nominato. Com'è nata la collaborazione con Nuvole Production? Continua anche in questo disco?
Matteo: è nata per caso. Stavamo firmando con un'altra etichetta per il nostro secondo disco, ma le copie del contratto tardavano ad arrivare. In questo momento ci è arrivata una proposta da una tale Luvi De Andrè che aveva ascoltato e apprezzato il nostro disco su youtube e voleva incontrarci. Siamo andati in Nuvole, abbiamo ascoltato cosa avevano da dirci, e insieme abbiamo reputato che era il posto stavamo cercando e abbiamo firmato con Nuvole. Abbiamo fatto un disco con loro in simbiosi perfetta, siamo cresciuti con loro e abbiam fatto cose importanti come Sanremo, il Primo Maggio, Mondo Inchnusa. Dopo di che abbiamo iniziato a lavorare sul terzo disco. Ma in questo momento la direzione al vertice era leggermente diversa da quella con cui avevamo iniziato, ci siamo ritrovati costretti a dover fare delle cose che a noi non andavano molto a genio. Dori Ghezzi e Luvi De Andrè non ci hanno mai imposto nulla, ma i tempi e le modalità erano diventati quelli di un'etichetta major che noi, soprattutto per il discorso precedente, non potevamo rispettare. Nuvole con noi è stata accondiscendente, materna, ci ha voluto bene, ma nel momento in cui, con lo studio già prenotato, dovevamo andare a firmare il nuovo contratto, non potevamo pensare di riuscirlo ad onorare e quindi abbiamo messo in chiaro che non ce l'avremmo fatta a lavorare in quel modo. Ci sono venuti incontro, proponendoci altre idee da sviluppare ma ormai la nostra mentalità era già partita in quell'altra direzione, chiedendosi se dovevamo continuare a seguire i nostri tempi con una nuova strada. In futuro si vedrà, con grande dispiacere di entrambe le parti. Ci sono affetto e stima reciproci, con un rapporto di amicizia. Ma non potevamo semplicemente fare altrimenti.

 
NG. Hai nominato Sanremo: cosa vi ha portato? È sì una vetrina ma nel tempo si è trasformata, non è più quella di una volta.
Alberto: Tutte le volte che ci chiedono di sanremo non possiamo fare altro che ammettere che è stata una vetrina importante che ci ha portato lavoro, una tournée con gli Skunk Anansie, un contratto con Live Nation. Il problema però è che Sanremo non è una macchina musicale ma una macchina televisiva, e questo ci ha fatto fare una bella, ma difficile esperienza, carica di emozioni nel momento in cui devi salire su quel palco. Quel salto nel vuoto è un'emozione che ti porterai dietro sempre, e che ci ha insegnato molto. Dal punto di vista musicale è appunto diverso. Non ti dà la possibilità di incontrare nuovi artisti o situazioni che hanno attinenza col musicale. Già che si definisca gara è sintomatico di quello che stiamo dicendo: come si possono mettere in gara due quadri? E qui ritorniamo al discorso precedente della macchina commerciale/mediatica.
Matteo: E con questo non vorremmo suonare altisonanti al di sopra delle parti, perché è comunque un'occasione e noi ci siamo saliti. Siamo il marciume peggiore che ci sia in giro!

 
NG.  E sempre riallacciandoci al cambiamento di cui si faceva cenno prima, com'è cambiato fare musica dal 97 a oggi?
Alberto: si è trasformato nei modi ma non nelle intenzioni. Come dicevamo prima, la spinta è sempre la stessa anche se è un eterno cambiamento, anche per l'avvicendarsi di nuove persone all'interno della band, come possono essere ora Luca e Maicol.

 
NG. Parliamo di live. Ce ne avete fatto un cenno prima, avete suonato con gli Skunk Anansie, e anche con i Beady Eye. Ma non voglio chiedervi com'è stato suonare con loro perché magari non li avete neanche incontrati. Com'è stata l'accoglienza del loro pubblico verso la vostra musica?
Matteo: I Beady Eye non li abbiamo effettivamente incontrati!
Con gli Skunk è stato davvero bello. Al di là dell'esperienza di Sanremo, questa è stata un'altra esperienza che ci ha lasciato grandi emozioni. E anche con loro è stato un incontro veramente inaspettato. Sono delle persone squisite, attente. E questo è stato esaltato dalla totale differenza con l'esperienza al Pistoia Blues con i Beady Eye e il loro divismo allo stato puro. Gli Skunk Anansie sono dei grandi professionisti e nonostante questo sono stati incredibilmente umani con noi ed è stata un'esperienza completamente emotiva che ognuno di noi si porterà dietro in maniera diversa.
Marco: a livello di pubblico è stato un momento completamente diverso da quello avuto al Pistoia Blues con i Beady Eye. Lì sembrava di giocare Roma Lazio, e noi eravamo dei laziali nella curva dei romani!
Mentre con gli Skunk Anansi sia con il pubblico che a livello umano è un ricordo che ci portiamo dietro molto volentieri.
Matteo: si era creato un rapporto di grande affettuosità tra noi, per cui era come se fossimo i fratellini piccoli e loro si comportavano da fratelli grandi nei nostri confronti. Dopo il concerto continuavamo a stare insieme, e in quelle occasioni ci siamo conosciuti molto bene, eravamo diventati molto amici soprattutto con Cass ed Ace, il bassista e il chitarrista. L'ultimo giorno, in virtù di questa empatia che si era creata, sapevano che noi adoriamo la vodka e, senza dirci nulla, durante il nostro ultimo pezzo prima della loro performance sono saliti sul palco ancora “in borghese” con una bottiglia di vodka e hanno iniziato a darcela a canna. Pubblico in visibilio, noi eravamo carichissimi e abbiamo finito di suonare molto contenti. Al ritorno in camerino, in più, ad aspettarci una boule di ghiaccio con tre bottiglie di champagne e un biglietto: “alla nostra grande opening band, con tanti auguri per il vostro prossimo disco”.

 




NG.  Ultimissima domanda: cosa ci aspetteremo tra poco dal vostro live?
Marco: ci sarà un assaggio del nostro prossimo disco, con quattro pezzi inediti tra cui il nuovo singolo. La possibilità poi di avere una scaletta più estesa ci permetterà di fare una selezione dei brani che più ci rappresentano e più ci piacciono per fare un live in estrema forma!


Le prossime date dei Blastema:
28.11 MARINA DI MASSA (MS)_Marasma Swamp
29.11 QUARTUCCIU (CA)_Cueva
30.11 ROMA_Traffic Club
04.12 ASTI_Diavolo Rosso
13.12 REGGIO CALABRIA_Random
14.12 CATANIA_Mercati Generali
19.12 TREZZO SULL'ADDA (MI)_Live Club
21.12 SAVONA_Raindogs
27.12 TANETO DI GATTATICO (RE)_Fuori Orario


 
I Blastema sul web: http://www.blastema.it/


 
Intervista a cura di Angela De Simone. Foto di copertina e fotogallery di Luigi Rizzo.


QUI la fotogallery completa del live al Salento Fun Park.
 

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