
Nightguide intervista Francesco Dal Poz
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23/05/2020 | valentina-ceccatelli
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Francesco Dal Poz, cantautore trevigiano che ha iniziato a scrivere musica a 9 anni, ha fatto uscire Cerco casa, il suo nuovo singolo, venerdì 8 Maggio: scritto a inizio anno, in tempi non sospetti quindi, è comunque una canzone che invita a vedere il lato positivo della situazione e cercare un nuovo inizio. Cerco casa è il primo dei brani che saranno contenuti nel nuovo album di Francesco Dal Poz in uscita nell'autunno 2020: dopo tre dischi pubblicati in adolescenza, questo sarà il primo album da “artista più consapevole”.
Cerco casa non è nata per parlare di distanziamento sociale e crisi pandemica ma, come si legge nel comunicato, cerca comunque un nuovo inizio positivo. Domanda: quanto è difficile essere positivi in un momento del genere? Tu ci riesci sempre?
Sì, è parecchio difficile essere positivi e, figuriamoci, non ci riesco sempre.
Mi ritengo una persona piuttosto realista e non mi piace illudermi e creare illusioni: riconosco questa situazione come enormemente dura, a tratti spaventosa e difficile da comprendere; allo stesso tempo, però, ritengo importante essere positivi e speranzosi per affrontare la vita di tutti i giorni, soprattutto in questo tempo.
Quindi, proprio in virtù della situazione che stiamo vivendo, ritengo importante essere positivi e carichi di speranza.
In Cerco Casa la casa di cui parli non sono solo quattro mura, è la presenza di un'altra persona. Può un'altra persona essere la tua casa, quindi?
Assolutamente sì! Proprio questo aspetto di cui parli, lo si intravede nelle parole della canzone “Se sono con te, mi sento bene qua, anche qua”; quando sei con questa persona o queste persone che riconosci come casa, allora bene o male sarai a casa ovunque.
Cerco casa è il tuo primo singolo, ma anticipa il disco in uscita in Autunno. Puoi dirci qualcosa di questo lavoro, descritto come “il tuo primo lavoro da artista consapevole”?
L'album che uscirà ad autunno ha portato una grande rivoluzione nella mia vita in generale, ma soprattutto nel modo di fare e di vivere la musica. Ci saranno brani pieni d'energia, accanto ad altri più riflessivi; ma al di là dei brani in sé, ciò che mi piace di questo album è l'obiettivo che sento di aver raggiunto: questo album mi rispecchia e mi rappresenta.
Domanda collegata, e giuro che è pura curiosità e basta. Se ora ti descrivono come “artista consapevole” prima com'eri?
Beh... meno consapevole!
Il fatto di essere consapevoli credo sia strettamente collegato alle esperienze che si vivono; questo vale sia per la musica che per la vita in generale, no? Contando che quando ho pubblicato gli altri tre album avevo 12, 13 e 16 anni (sebbene si trattasse di album contenenti decine di inediti scritti di mio pugno e quindi, per allora, era “tanta roba”), sicuramente non era consapevole quanto adesso. Ma sai, già mi immagino a 40 anni mentre rileggo questa intervista dicendo: “Ah, allora eri consapevole?! Ma figurati!”
Questa è una domanda che faccio a tutti, in questo periodo. Guardando al futuro, in quale posto vorresti suonare appena potrai farlo?
Che bella domanda, davvero! Potendo scegliere e lasciando andare l'immaginazione, credo farei il concerto sul grandissimo prato che si stende davanti a casa di mio nonno, tra gli albicocchi, i meli, la natura, accanto alla quale, però, data l'occasione, ci monterei un super palco, un super impianto, un super ledwall con il mio super pubblico. Bello, eh?
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