Non vi parlerò di contro-concertone, non sottolineerò come la “sagra di paese” abbia surclassato lo storico Primo Maggio romano, perché son sempre state e sempre saranno due realtà totalmente differenti. Un'iniziativa che parte dal basso, dai cittadini, da menti che hanno voluto fortemente dar  voce alla loro città, da artisti e non che hanno deciso di portare, attraverso la loro musica o le loro storie, un messaggio che, per quanto mi riguarda, va oltre la demagogia e la bellezza di un pezzo ben musicato, va raccolto tra le righe dei testi portati su quel palco, le parole di un grande uomo come Renato Accorinti o le poesie di Andrea Rivera e i sorrisi, misti a stanchezza degli organizzatori. “Legalità, ma quale giustizia” questo era il tema di quest'anno e se fosse vera la definizione etimologica, ognuno di noi dovrebbe comportarsi conformemente alla legge, ma così non é, perché ad oggi non ci meraviglieremmo della tenacia dimostrata da un'imprenditrice nel denunciare chi le impose di pagare il pizzo, quello che in Sicilia chiamano becco o non ci meraviglieremmo per una sentenza ottenuta dalla Corte di Strasburgo dopo quattordici anni che possa finalmente dichiarare all'Europa intera della tortura perpetrata alla Diaz. Se questa Legalità esistesse davvero, non ci sarebbero iniziative di sensibilizzazione, non ci sarebbe neanche il concerto di Taranto, in una città che, come recita lo striscione su quel palco, ha visto tanti attori cambiare negli anni con un'unica costante, i tumori. Una città che, a detta di un uomo corrotto come Clini, fumava troppe sigarette, una città offesa, un'Italia offesa e l'Italia siamo noi, noi cittadini, la politica siamo noi. Sarebbe bello e quasi utopistico, se quest'ultima partisse davvero dal basso, come questo concerto, se la gente non votasse il meno peggio, ma uomini, prima che politici, con il vero senso civico, quello che manca, quello che forse sta morendo in questo vortice di asocialità che sono i social, quel senso civico che, a mio parere, alcuni politicanti tirano fuori ad ogni campagna elettorale, per racimolare la fiducia di un popolo che sta chiudendo la speranza di un cambiamento in un cassetto. Il Primo Maggio che voglio raccontarvi va ben oltre la gioia, il vino, i bonghi e il sole. Dovremmo sempre parlare dai palchi della nostra vita, urlare e riprenderci quei diritti che ci spettano, grazie a uomini che hanno lottato contro la dittatura. Dovremmo sempre avere un occhio al passato e uno al futuro, facendo tesoro dei nostri sbagli, cercando di rimediare, di costruire anche se a piccoli passi, di buttare giù le gabbie che ci separano, di dire basta alle guerre tra poveri, perché l'unica povertà da combattere é quella dei contenuti, perché solo dimostrando di essere uniti ideologicamente e umanamente, potremmo ritrovare la legalità e, assieme a quella, la giustizia. Solo così potremo donare speranza a ogni famiglia che ha perso un proprio caro per le diossine, per l'amianto, per i PCb, per il manganello di un poliziotto, per i fumi dei rifiuti, per un attentato di stampo mafioso, per una legge come la Bossi-Fini, soffiamo via ogni abuso, facciamolo nel sociale, facciamolo ogni giorno, facciamolo per noi e per chi verrà dopo di noi. Grazie a tutti. Grazie Taranto.


Testo di Marcella Trani
Foto di Marianna Fornaro