Stasera Noi Non Ci Sanremo! Intervista ai Giovani del Folkstudio protagonisti dell'Asino Che Vola

Stasera Noi Non Ci Sanremo! Intervista ai Giovani del Folkstudio protagonisti dell'Asino Che Vola

Stasera “I Giovani del Folkstudio”, Luigi “Grechi” De Gregori e Francesco Pugliese presentano “Noi non ci sanremo” a L'Asino che vola di Roma il sesto appuntamento a ingresso gratuito da loro ideato e nato con l'intento di dare uno spazio alla canzone d'autore, ricreando le atmosfere dello storico locale di Trastevere. Non solo una sorta di “operazione nostalgia”, ma soprattutto un'iniziativa volta a riportare all'attualità lo “spirito folk” del Folkstudio, e che ha preso vita dal loro amore per la musica semplice e diretta, con la complicità del locale L'Asino che vola.

Il titolo dell'evento di oggi, durante il quale si esibiranno diversi artisti e professionisti del mondo musicale, è stato scelto in scherzosa antitesi con il Festival di Sanremo. Nessun tentativo di concorrenza, ma solo l'intenzione e la voglia di far conoscere alcune energie creative autoctone alternative a quelle del palco dell'Ariston.

Nightguide ha raggiunto telefonicamente un disponibilissimo Luigi “Grechi” De Gregori per conoscere meglio le atmosfere e lo spirito del nuovo corso di serate all'Asino che vola dei Giovani del FolkStudio.

NG: L'occasione di quest'intervista è data dalla serata “Noi non ci Sanremo” all'asino che vola. Già proclamata l'ironia del titolo e il non voler polemizzare con un palco ben più in vista la stessa sera. E' invece l'intento di trovare nuova linfa per il cantautorato italiano, com'è avvenuto dopo tutto negli anni d'oro del Folkstudio. Come si svolgono queste serate in cui si respira sicuramente tantissima cultura musicale?
L: L'intento è esattamente quello di sopravvivere!
La serata del 10 è la sesta che facciamo, un martedì si e uno no, all'Asino che vola di Roma. Ogni sera è una musica differente, ma è tutta musica che avrebbe trovato posto nel FolkStudio originario. Scegliamo musica minimale, acustica, con gruppi composti al massimo da tre persone. Ci affidiamo praticamente alla mia definizione di folk, e cioè tutta la musica che si può fare con tutti i tipi di strumenti che un uomo è capace di portarsi dietro in treno, o in auto, senza i grandi caravan dei service.
Invitiamo a suonare in un susseguirsi di artisti e canzoni di personaggi della scena romana e non. Una dozzina di cantautori a sera, per una raffica composta da due canzoni a testa.
Per esempio avremo un trio friulano della “westcoast”, Straulino Fedele e Vescovo, o il medico/cantautore/chitarrista austriaco Goran Kuzminac, o ancora gruppi di folk calabrese, o di tarantella, o Veronica Sbergia e Max De Bernardi, appassionati di country blues, solo per citarne alcuni.
Continueremo con le serate FolkStudio di sicuro fino a maggio, e mi auguro di riprenderle poi nella prossima stagione musicale.
E nelle nostre serate, caratteristica principale è anche quella di un pubblico appassionato, che si riconosce nelle nostre sperimentazioni di musica che oggi potremmo definire word music, etnica, tutta quella musica che da sempre è nata come espressione delle popolazioni povere del mondo.

NG: E come è ricaduta la scelta sull'Asino che vola?
L: E' stata una scelta ovvia perché a Roma è uno dei locali più accoglienti, con le sue scelte e la sua volontà di sostenere sempre la musica indipendente. Non potevamo fare scelta diversa!

NG: Come ci si sente nei panni di selezionatore di musica?
L: La musica di qualità c'è, ma fa fatica a farsi conoscere. E' una musica spontanea, che cerco di portare alla luce. Non sono un promoter, o un discografico, non faccio firmare contratti e non guardo al mercato. Semplicemente cerco di ripagare un debito, di restituire tutto quello che negli anni il FolkStudio mi ha dato.

NG: Pensa che ci sia ancora speranza per la musica italiana oggi? Di talenti ce ne sono tanti nei garage e nei piccoli pub, che possibilità hanno di essere portati alla luce?
L: Le speranze ci sono ancora, anche se ormai il mondo della discografia attuale è completamente cambiato e la musica che emerge da quel mondo rappresenta lo stato della crisi. C'è uno scollamento tra il vertice e la base, che risponde solo a regole di mercato. E' il supporto discografico ad essere in crisi, e di conseguenza ogni cosa si ripercuote sulle scelte artistiche.
Io cerco di lanciare un sasso in uno stagno, ma sarebbe bello che in ogni città, in ogni paese, venissero istituiti dei corner per far conoscere i talenti di zona, per supportarli e aiutarli a emergere.
Oggi per fortuna c'è internet per diffondere la propria musica, per trovare suggerimenti, per prendere lezioni. Il mondo è a portata di mano, ma è sicuramente una sfida. Ci sono tanti italiani che grazie a internet hanno successo all'estero, ma per questo bisogna affidarsi all'inglese.

NG: L'accoppiata con Francesco Pugliese è un sodalizio artistico che dura da allora. Tra una serata al Folkstudio e un suo nuovo disco, come si è mantenuto vivo negli anni questo rapporto?
L: Negli anni 60 eravamo giovani e ci dedicavamo a pieno ritmo alle serate del FolkStudio, poi crescendo io ho continuato a fare dischi mentre Francesco ha preso strade differenti. Ci siamo ritrovati da poco e abbiamo deciso di riprendere da dove avevamo lasciato.

NG: L'ultimo album di Luigi Grechi, risale al 2012, Angeli e Fantasmi, riscopre diversi pezzi già editi in una chiave diversa. Com'è cambiata la musica da allora, e come sono cambiate le sue esigenze compositive?
L: Io personalmente non mi sono mosso da dove ero! Continuo a fare musica acustica, semplice, che prende ispirazione dal quotidiano. Non frequento molto l'ambiente musicale e scrivo i miei pezzi in solitudine, chitarra e voce.

NG: Ha ripreso il suo vero cognome dopo tanto tempo, probabilmente perché la maturità lo ha portato a non dover più necessitare di distinguersi dalla figura più “ingombrante” di suo fratello.
L: Eravamo tutti e due giovani e agli esordi, per cui avevamo bisogno di definirci senza creare confusione. A quell'età si sa che si è ossessionati dall'io, per cui è stata la scelta migliore. A una certa età però ci si rende conto che non si ha più quell'esigenza, e quella di riprendere il mio cognome è una scelta maturata proprio nel 2012 con l'ultimo album. Era un'idea che mi stava ritornando da tempo, e la conferma l'ho avuta quando proprio Francesco mi chiese se non era il caso ora che io riprendessi a usare il mio vero nome.

NG: E la scelta di “Grechi” da dov'era nata?
L: Grechi è la famiglia di mia madre. Mi sono messo a scorrere l'elenco telefonico per cercare un nome d'arte adatto a me, ma nessuno mi ha colpito particolarmente. E così ho pensato a Grechi, che è anche un nome breve, semplice e facile da ricordare.

NG: Ha trascorso la sua vita tra i libri e la penna. Finirà mai di leggere/raccontare storie?
L: Non solo tra libri e penne, ma anche tra ruote e autostrade! La vita di un folk singer è fatta di più ore impiegate a guidare che a suonare. Ho fatto tanta strada, sia letteralmente che non, ma tanta ancora ne ho da fare. E non credo che questo finirà mai!

Sul web:

http://www.luigigrechi.it/
http://www.lasinochevola.com/
Intervista a cura di Angela De Simone

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