Nightguide intervista Moder

Nightguide intervista Moder


Moder è sulla scena rap da prima che andasse do moda, e pare proprio che ci resterà: in giro nel mondo della musica dai primi anni 2000, ha pubblicato Ci sentiamo poi per Glory Hole Records il 3 Marzo reduce dal successo di 8 Dicembre, il suo disco d'esordio. In Ci sentiamo poi ci sono 16 canzoni, figlie di un movimento continuo e della volontà di non fermarsi nemmeno a lavoro finito: prodotto con Duna, b-boy della crew storica Break the Funk e ingegnere del suono, Ci sentiamo poi si affida a macchine analogiche e post produzione per la parte musicale ma i testi sono frutto del sudore di Moder, che ha collaborato con artisti come Murubutu, Claver Gold e Stephkill, feat. Che si trovano anche nell'album. Ogni canzone è una polaroid, spiega il rapper, e a noi non resta che ascoltarla.





Sei sulla scena rap dai primi anni 2000, ma la vera esplosione del genere (forse la seconda esplosione) in Italia è arrivata da poco. Come vivi questa trasformazione, ti senti ancora parte di quel mondo o il rap che c'è adesso è diverso da quello che hai vissuto tu fin dall'inizio?
Questa cosa dell'hip hop mi ha rapito a 12 anni ne sarò sempre parte, cercando di dare il mio contributo. Ovviamente il mondo si evolve e la musica con lui, non ho particolari problemi con i nuovi suoni, la problematica se mai resta la qualità in un mondo che viene assaltato e saccheggiato dal mercato... c'è da dire che qualcosa sta cambiando, basti pensare a Massimo Pericolo o Marracash che hanno fatto ottimi dischi che sono di fatto grandi successi. La mia condizione in questo mondo è sempre stata particolare da un lato vengo dalla provincia, lontano dai riflettori dove non hai megafoni per urlare tocca sudarsi ogni millimetro, dall'altro sono un figlio di mezzo schiacciato tra i palchi blindati di certe epoche dove se non eri del giro "serio" era impossibile entrare e la digitalizzazione dell'arte dove i social, che per noi erano solo strumenti per far girare la musica, sono diventati spesso il contenuto artistico di certi personaggi, un middle child come J-Cole. Tutto questo non è per niente un limite ma anzi un risorsa e una responsabilità: reinventare e reinventarsi diventa fondamentale direi necessario, e le possibilità sono infinite. Sta cosa non smette di esistere al massimo sei tu che smetti di seguirla. Citando Primo: coi vostri eroi/ l'hip hop è morto stronzi siete morti voi.


So che, per questo lavoro, hai scelto di affidarti a macchine analogiche e post produzione. Come funziona, da un punto di vista tecnico? E quali risultati ti ha dato? Sono quelli che volevi?
In realtà ci provo da sempre ma da "8 Dicembre" il mio disco precedente, insieme a Duna (B-boy della storica crew Break The Funk e stimatissimo tecnico del suono) abbiamo preso in mano arrangiamenti e post produzione. Il nostro strano duo sta funzionando e spero durerà nel tempo. Tecnicamente il procedimento è un pò macchinoso perchè partiamo dai provini che faccio su basi che recupero da produttori sparsi per l'Italia (che ringrazio uno ad uno) poi rimettiamo in discussione tutto fino a che la canzone non ci pare finita: in alcuni casi aggiungiamo o togliamo strumenti digitali in altri abbiamo risuonato intere produzioni cambiando armonie e mood con l'aiuto fondamentale di una squadra di musicisti super che fanno base in romagna, certi legami stretti negli anni in altri contesti non sarebbero potuti succedere la provincia ti costringe al confronto da chi è diverso da te e questo mi ha cambiato la vita. Tutto questo tempo in più oltre a dare risultati estetici fa in modo che questo disco sia lo specchio esatto di ciò che io e Duna volevamo dire: ogni scelta armonica, testuale e timbrica la sento mia.


Nel tuo disco c'è anche un feat con Murubutu: come vi siete conosciuti, e com'è lavorare con questo artista?Io e Alessio ci siamo conosciuti ai miei inizi a Reggio Emilia, lui e la sua crew "la Kattiveria" sono stati tra i primi a spingere me e il mio vecchio gruppo "Il lato oscuro della costa" a fare sul serio. Alessio è un maestro e un precursore del rap lirico e in questi anni il confronto con lui mi ha sempre arricchito il nostro è un rapporto di profonda stima reciproca e questo è di per se impagabile. Tutto questo ci ha portati a collaborare e devo dire è stato davvero bello e difficile, abbiamo affrontato il periodo delle brigate rosse studiando a fondo l'argomento sono molto orgoglioso del risultato. Riuscire a fare uno storytelling di cui vai fiero con il king dello storytelling è una bomba.


Hai rovesciato in Ci sentiamo poi tutto quello che potevi rovesciare: tutto quello che hai vissuto e tutto quello che potevi raccontare. Cosa resta da dire adesso? Stai già pensando a nuovi pezzi o questo disco è stata una specie di catarsi, ti ha svuotato per un po' di tempo?
Sto già scrivendo molto, non credo di aver esaurito i temi mi sento come nel 2003 è come se avessi appena iniziato una nuova vita musicale. Poi io credo nel lavoro, l'ispirazione può e deve essere allenata e un artista ha il dovere di lavorare il doppio.


Hai innumerevoli riferimenti letterari, oltre che musicali. Un po' di tempo fa è uscito un libro che si chiama Bowie's bookshelf, che raccoglie i 100 libri preferiti di Bowie. Non ti chiederei mai di fare una cosa simile, ma tu hai qualche libro che ti ha fatto da bussola, o che ti ha spinto a scrivere?
Ho centinaia di libri a casa, iniziai a leggere alle superiori, non avevo tanti soldi alcuni libri li chiedevo in prestito e non li ridavo più. Poi appena ho potuto ho iniziato a comprarne quanti potevo. Te ne dico un po' in ordine casuale:
"Demian" di Herman Hesse, il libro che mi ha fatto innamorare della lettura,
"Moby Dick" e "Bartleby" di Melville,
"Drammi Fecali" di Werner Schwab,
Le poesie di Majakovskij
Calvino (tutto)
"Così parlò Zarathustra" di Nietzsche
"Eravamo giovani stranieri" Alberto Dubito
"Un anno terribile" John fante
"Noi marziani" e "Un oscuro scrutare" Philip K. Dick
"Nel paese delle ultime cose" Paul Auster
e troppi altri.


Hai scritto Non ne posso più con ancora addosso la sbronza passata. Sei d'accordo con Hemingway, che diceva “Scrivi ubriaco e correggi sobrio”, o la parte della correzione la possiamo anche saltare? (te lo chiedo perché io spesso la salto, e non voglio essere l'unica che si sente in colpa).
Io scrivo raramente dopo serate serie quando accade non vale la pena di correggere.


Parliamo del tour: sai già dove porterai in giro questo disco?
Sto stendendo le date per ora: 25 marzo Ferrara circolo arci Blackstar, 19 aprile Bologna Labas sto chiudendo Padova, Torino ecc.. è un delirio non mi aspettavo di dovermi già occupare del tour ma bene così.
 

ci sentiamo poi, interviste musica, moder

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