NIGHTGUIDE INTERVISTA ALÉXEIN MÉGAS

NIGHTGUIDE INTERVISTA ALÉXEIN MÉGAS

Ispirato da artisti quali BonoboNicolas JaarJan BlomqvistMuse e Safri Duo, il musicista Aléxein Mégas rilascia il suo primo album da solista: “The White Bird”.
«Sono felicissimo di aver sfornato questo disco, che rappresenta in sostanza il vissuto dei miei ultimi anni. È stato come espellere una bomba ad orologeria che continuava a ticchettarmi in testa senza sosta»
“The White Bird” si contraddistingue come un mix di sonorità elettroniche ed orchestrali che vanno a formare un lavoro in qualche modo vicino a quella che è la forma del concept album.
La trama che sottostà a “The White Bird” si snoda attraverso un percorso che prende forma, passo dopo passo, di brano in brano.
«L'album non vuole essere un vero e proprio concept: ciò che però accomuna i vari episodi presenti è l'imperterrita ricerca del proprio posto nell'universo da parte dell'uccello protagonista»
Il percorso che Aléxein Mégas intraprende in “The White Bird” si snoda attraverso tre leitmotiv:
Get rid (liberarsi): sentire il bisogno di liberarsi da una scomoda condizione obbligata dalle norme sociali che opprimono il nostro essere nella sua completa autenticità. La società ci fa credere che per avere un posto nel mondo, siamo obbligati a dover lavorare come dei robot, incastrandoci in dei meccanismi che uccidono la nostra fantasia o ogni tipo di espressione d'arte. Fondamentalmente, allo Stato non interessa cosa la tua mente o la tua anima abbia di meraviglioso da condividere; l'importante è che tu faccia parte del sistema, come una minuscola rondella di un immenso ingranaggio;
Fly (volare): cucire l'abito più adatto in modo da vestirlo con naturalezza, realizzando sé stessi; un po' come quando ci si prepara per il primo appuntamento;
Escape (fuggire via): una volta capito qual è il proprio posto nell'universo il nostro compito è quello di condividere la nostra idea artistica con gli altri, influenzando e continuando a lasciarci influenzare nel nostro percorso, perché l'arte fatta con passione è il fine ultimo che ci rende liberi.
«Quest'album non è solo una lista di brani musicali perché, con un po' di empatia, l'ascoltatore viene in contatto con emozioni vere nelle quali si ci può ritrovare catapultandosi in quei precisi stati emotivi che mi hanno portato a comporlo. Solo l'amore verso se stesso e verso gli altri permette ai sentimenti di venir fuori, condividendo la propria arte col mondo al fine di renderlo un posto migliore. “The White Bird” rappresenta uno stato mentale appartenente all'essere umano, rapportato ed immerso nella società odierna. Tutti che si affannano, tutti che corrono per raggiungere i propri obbiettivi perdendo, in realtà, di vista il vero scopo di ogni singolo respiro, di ogni singolo attimo condiviso con gli altri»
 
 
Ciao Aléxein, hai da poco pubblicato “The White Bird”. Che percorso c'è dietro?
 
The White Bird viene da un lungo periodo di riflessione di circa 5 anni.
Tutto il discorso che c'è dietro è strettamente connesso al vissuto di questi miei ultimi anni dove in seguito ad esperienze importanti sono stato costretto a fare delle scelte di vita decisive al fine di liberarmi di una livrea che sentivo non più appartenermi. Da qui nasce l'idea della gabbia come prigione e della fuga dell'uccello bianco come conquista della libertà.
L'album nella sua interezza può essere considerato come un concept, essendo un mix di forti emozioni raccontate attraverso musica, dove ogni brano ha un proprio volto ben definito.
 
Ci spieghi i 3 leitmotiv del disco: Get rid, Fly ed Escape?
 
Si tratta del cammino dell'uccello protagonista dell'intero album, che attraversa tre fasi di transizione: dall'acquisire la consapevolezza di malessere e oppressione causata dalla società che ci rende schiavi di meccanismi vincolanti, che ci rende tutti rondelle inanimate di uno stesso immenso ingranaggio.
Dall'acquisire consapevolezza di sé stessi e di ciò di cui veramente avremmo bisogno per sentirci autentici e naturali in modo da esprimere quello che siamo, attraverso le nostre passioni sotto forma di arte comunicativa.
Il terzo step è la presa di consapevolezza di quale sia il reale posto nell'universo, fuori dagli schemi che obbligano continuamente a vestire maschere di falsità. L'obiettivo finale che ci rende liberi sta nel comunicare e condividere la nostra felicità attraverso l'arte fatta con sincera passione, come fine ultimo che ci rende veramente liberi.
 
Il video di “The White Bird” è autobiografico?
Fondamentalmente lo è. Ho sentito il bisogno di mettere a nudo quelle emozioni che sentivo intime per uno scopo che ho ritenuto importante, ovvero trasmettere quel disagio al fine che i miei ascoltatori potessero farne uso in modo da liberare sé stessi dalla gabbia che li costringe ad essere infelici. Spesso accade che sia la società a farci sentire inopportuni perché stiamo seguendo uno schema diverso da quello standard. Tendenzialmente la società ci trasforma in essere inanimati che per trovare il proprio posto nel mondo debbano diventare ingranaggio di questo gigantesco meccanismo, che alla fine dei conti ci fa assomigliare tutti perché spegne la passione, la parte creativa che vive nell'anima di ogni essere umano.
Vieni dal progressive metal. Come è avvenuto il passaggio all'orchestrale e all'elettronica?
Durante la mia ultima esperienza in una band metal, i Members of God, mi sono avvicinato molto alla soundtrack ed a dire il vero, l'elemento elettronico mi ha sempre affascinato ma nascendo come chitarrista elettrico, il mondo dei synth non è mi è stato mai così vicino. La curiosità era tanta e allora ho iniziato a smanettare tra software, vst ed oscillatori che mi hanno permesso di esprimere a pieno le mie sensazioni. Si tratta di uno spazio veramente vasto che mi permette di essere sincero lasciandomi esprimere a pieno ciò che provo, nutrendo la mia anima allo stesso tempo e spero anche quella dei miei ascoltatori.



Quali sono gli artisti che più stimi?
Sono tanti gli artisti che stimo e dai quali stato influenzato negli anni. Ho ascoltato diversi generi musicali, ma fondamentalmente preferisco dividere in due fasi la mia formazione musicale: la prima più arincazzata piena di rock e metal, durante la quale band come Dream Theater, Pain of Salvation, Symphony X, Pearl Jam e Muse sono stati colonne portanti della mia formazione musicale.
La seconda ha visto evolvere il fascino per la musica da colonna sonora e per la world music in suoni più moderni ed atmosfere più spaziali, nelle quali ho trovato grandissima fonte di ispirazione, vestendo a pennello ciò che i miei pensieri volevano veramente raccontare.
Quello con cui sogni di collaborare?
Il primo nome che mi viene in mente è quello di Bonobo.
È un artista che stimo tantissimo per la sua capacità camaleontica di comunicare sensazioni differenti da brano a brano, con una semplicità disarmante. Il primo brano di cui mi sono innamorato è stato First Fire, con un'atmosfera veramente magica.
Il mio sogno è quello di scrivere musica per film, come i maestri Zimmer, Williams, Horn, Desplat e via dicendo.
 
Che forma dai ai tuoi concerti?
Ricreare un angolo molto intimo circondato da synth e strumenti, luci d'atmosfera e fumo decorativo. Dare vita ad una forte energia che il pubblico possa percepire come emozione palpabile.
Il mio ideale sarebbe quello di coinvolgere un musicista per ogni strumento, un po' nello stile di Hans Zimmer o Yanni.
 
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Promuovere “The White Bird” non solo presentandolo come un album fatto di emozioni raccontate in musica, derivanti da un processo di maturazione di vita, ma soprattutto come un esempio di come si possa realmente prendere in mano le redini della propria felicità, ascoltando un po' meno ed ascoltandosi un po' di più.
Per il mio prossimo lavoro mi piacerebbe coinvolgere altri musicisti in modo da realizzare della musica collaborativa, con un messaggio forte di comunicazione attraverso la collaborazione di più anime artistiche bisognose di urlare al cielo il proprio bisogno di sentirsi così puri attraverso una autenticità musicale che spesso viene meno, per paura di non essere capiti o banalmente di non piacere nella propria sincerità, che secondo me è il modo più diretto di trasmettere le proprie emozioni.

alexein megas, interviste

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