I coriandoli di Slash in tasca

I coriandoli di Slash in tasca

I coriandoli di Slash in tasca
 
Che ci azzecca ulna leggenda del rock 'n roll come Slash con i coriandoli?
Semplice,nonostante fosse il 24 giugno, ogni tanto fa bene tornare al 1992 e al tour mondiale che ha fatto sognare milioni di persone (e che ha fatto implodere i Guns 'n Roses). Non c'è stato nessun tour dei Guns, non c'erano centomila persone e non era il 1992, ma al Postepay Milano Summer Festival c'era Slash. A chi non è mai riuscito a vederlo, come il sottoscritto, ci è voluto qualche minuto per rendersi conto di quanto stava accadendo. Un'autentica leggenda sul palco ha fatto esplodere qualsiasi cosa. A meno di un mese dal suo cinquantesimo compleanno, il regalo lo ha fatto lui a noi.
Innanzitutto, se non bastasse lui, la band che si porta dietro è composta da un certo Myles Kennedy, e dai Conspirators. Un supergruppo direbbero Oltremanica. 
Il chitarrista inglese (sì, Slash è londinese) domina la scena in alternanza con il fighissimo cantante degli Alter Bridge, che ha una voce potentissima. 
La scaletta del tour si presenta ben equilibrata e pensata. È difficile non cadere nel patetico, ma questi ci sanno fare. Risulta più che logico che la maggior parte della setlist sia formata da cover dei Guns 'N Roses, come la seconda canzone: Nightrain, primi brividi e peli rizzati.
Il set prosegue con pezzi dello stesso Slash e alcune cover dei Velvet Revolver, il progetto più alcolico della storia (parole sue).
La metà della scaletta è scandita da “Welcome To The Jungle”, dove neanche il più distaccato può evitare di muoversi e ballare. Di colpo, il 1992 prende il sopravvento, s enon fosse per gli smartphone. Poco importa, la voce di Todd Kerns (bassista) è prorompente e l'esecuzione è magistrale. Celebre è il solo di Slash si un quarto d'ora su Rocket Queen dei Guns. Si scorre via via verso la fine per arrivare forse al pezzo più epico della band californiana. Slash sale sulla pedana e attacca “Sweet Child 'O Mine”. Solo lacrime e pelle d'oca. Come se non bastasse si giunge al bis, giusto per favorire la disidratazione, ecco “Paradise City” e due enormi getti di coriandoli. Si conclude così uno di quei concerti che restituiscono a chiunque la voglia di vivere e di andare avanti. Il quasi cinquantenne chitarrista è instancabile, e il sottoscritto ha in tasca ancora dei coriandoli. Per una notte Milano è stata davvero Paradise City.

Testo di Alberto Pezzali

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